L’agenda green che ancora manca al nostro Paese
di Francesco Rutelli
Fonte: “La Repubblica” del 26 marzo 2025
L’adattamento dei territori ai cambiamenti climatici tarda a essere una priorità per I’Italia e l’Europa, ma non si può più aspettare.
È tempo di mettere programmi e interventi per l’adattamento ai cambiamenti climatici tra le priorità strategiche e operative per le istituzioni europee, nazionali e territoriali, l’economia, i settori produttivi. Dei due obiettivi di fondo fissati dagli Accordi di Parigi del 2015, la mitigazione (ovvero le misure per ridurre le emissioni che alterano il clima) diviene sempre più materia per divergenze geo-strategiche, oltre che politico-propagandistiche. L’adattamento (ovvero le misure per rendere città e territori resilienti a fronte del moltiplicarsi di eventi estremi) è invece largamente ignorato.
Da parte di molti governi, perché considerato fuori agenda; da parte di molte componenti ambientaliste, come una sorta di accomodamento-tradimento sostenuto da chi non vuole abbattere le emissioni. Sono argomenti che si combinano, e producono immobilismo. Mentre esistono esempi convincenti di adattamento, perché hanno valore preventivo e concreto, come il Maeslantkering olandese, sistema di barriere mobili che proteggono dall’innalzamento delle acque, realizzato negli anni ’90 e finora mai utilizzato; o sistemi di drenaggio urbano come quello realizzato a Copenaghen e quelli di molte “citta-spugna” cinesi. Sono argomenti che capisce ognuno di noi, come a Firenze poche settimane fa, quando I’Arno ha minacciato di esondare per le piogge intense di una notte; salvo voler rimuovere le immagini degli effetti catastrofici delle alluvioni a Valencia, o degli incendi a Los Angeles.
Nei territori fragili della nostra Italia, sappiamo cosa vuol dire progettare e costruire edifici antisismici e, magari, smettere di edificare su colline a facile smottamento; sappiamo che costa immensamente di più ricostruire dopo alluvioni o incendi, piuttosto che prevenire. Lo scopo di questo articolo é di mettere l’accento sulle potenzialità positive che possono derivare da un coraggioso cambio di agenda. Ne è ben consapevole l’Ance, con cui stiamo preparando la Conferenza “Citta nel Futuro 2030-2050”: ci sono filiere produttive, professionalità esistenti e competenze da creare, amministrazioni pubbliche e aziende private che possono debbono mettere al centro cultura e operatività per l’adattamento, ponendo I’Italia all’avanguardia.
In modo coordinato con le politiche di rigenerazione urbana e per il governo delle acque, e con una nuova generazione di abitazioni da rendere disponibili per tutti secondo criteri di affordable housing, ovvero di trasparente accessibilità a un alloggio dignitoso. E accelerando concretamente in Italia i Piani nazionali (Pnacc) e quelli regionali e locali. Il mondo sta cambiando non solo per gli equilibri geostrategici, ma nelle relazioni tra industrie della trasformazione urbana, ingegneria, innovazioni digitali e IA, vivibilità e sostenibilità; le regolazioni Ue per la transizione green (in diversi casi in contraddizione con la necessità di favorire lo sviluppo di filiere produttive europee) stanno purtroppo diventando materia per guerriglie politiche e ulteriori paralisi normative e industriali. Se, in molte epoche storiche, I’Italia ha guidato “l’invenzione delle città”, oggi dobbiamo parafrasare il concetto attribuito a Darwin: dimostrare forza e intelligenza facendo dell’adattamento una strategia concreta per la competitività nazionale e per la qualità urbana.