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L’Opec canta vittoria: shale oil Usa in frenata prima del previsto

L’Opec canta vittoria: shale oil Usa in frenata prima del previsto

L’Opec si è autoproclamata vincitrice nella sfida con lo shale oil americano. O almeno così sembra a giudicare dalle sue nuove stime, che ora incorporano una frenata delle estrazioni di petrolio dei concorrenti tanto brusca da far risalire la richiesta del suo greggio addirittura sopra il tetto produttivo di 30 milioni di barili al giorno nella seconda metà dell’anno. Le previsioni sono ovviamente di parte. E a bilanciarle ci sono gli scenari ribassisti sempre più foschi dipinti da molti autorevoli analisti, come Ed Morse, global head of commodity research di Citigroup, che in un rapporto diffuso ieri prospetta la possibilità di un crollo del Wti addirittura a 20 dollari «per un certo periodo», prima di avviare una ripresa più solidanel corso dal secondo trimestre. Anche gli hedge funds sono evidentemente scettici di fronte alla tenuta del recente rally: le statistiche Cftc registrano che la settimana scorsa le posizioni corte (alla vendita) sul Wti sono di nuovo aumentate dell’1,2%, mentre quelle lunghe – tuttora prevalenti – sono calate del 2,2 per cento.

Le manovre di posizionamento dei fondi indeboliscono la teoria che a guidare il rally fossero le ricoperture. Un fattore rialzista più potente potrebbe forse essere il boom di acquisti di Etf: i prodotti energy hanno attirato flussi positivi di 3,7 miliardi di $ in gennaio secondo Blackrock. Sta di fatto che il petrolio continua ad apprezzarsi: il Brent è salito a 58,34 $ (+0,9%) e il Wti a 52,86 $ (+2,3%), in una cavalcata che sta ormai comprimendo il contango, ossia il maggior valore dei barili a pronti rispetto a quelli a futuri, che incentiva lo stoccaggio.

L’Opec potrebbe aver cantato vittoria troppo presto – e i suoi stessi economisti avvertono che la validità delle loro previsioni dipende dal permanere di prezzi del petrolio bassi «almeno fino a fine giugno» – ma ha comunque fornito un ulteriore spunto rialzista al mercato, in particolare affermando che i tagli agli investimenti e le fermate degli impianti di trivellazione manifesteranno rapidamente i loro effetti. L’Organizzazione ora vede crescere la produzione non Opec di 860mila barili al giorno nel 2015, ben 420mila in meno rispetto a un mese fa e circa la metà rispetto all’incremento dell’anno scorso. Le revisioni più forti l’Opec le ha applicate alla produzione Usa, ma il rallentamento sarà diffuso e avrà come risultato di spingere il fabbisogno di greggio Opec a 30,1 milioni di barili al giorno nel terzo trimestre e 30,64 mbg nel quarto (per l’intero 2015 il “call on Opec” è stimato a 29,2 mbg, 430mila bg più di un mese fa). La decisione di lasciare fermo a 30 mbg il tetto produttivo, per costringere altri a riequilibrare il mercato, non sarebbe insomma stata troppo azzardata. Whishful thinking? A dirlo sarà il mercato, che del resto la stessa Opec – con uno storico cambio di strategia – ha chiamato a fare da arbitro.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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